Fondazione Palazzo Te
presenta

Venere con Amorino al naturale

Un dipinto di Alessandro Bonvicino detto il Moretto a Palazzo Te

18 dicembre 2021 – 27 febbraio 2022

a cura di Claudia Cieri Via

Dopo la conclusione del grande progetto Venere divina. Armonia sulla terra

Palazzo Te continua il suo omaggio alla Dea della Bellezza e dell’Amore

con l’esposizione della grande tela concessa da una collezione privata

e annuncia il nuovo tema della stagione espositiva 2022

Mantova: l’arte di vivere

Mantova, Palazzo Te

Mantova, 17 dicembre 2021. Dopo la conclusione del grande progetto espositivo Venere divina. Armonia sulla terrache da marzo al 12 dicembre 2021 con mostre ed eventi ha tracciato un dettagliato ritratto della dea – dal 18 dicembre 2021 al 27 febbraio 2022 Palazzo Te continua il suo omaggio a Venere con l’esposizione di Venere con Amorino al naturale, una grande tela di Alessandro Bonvicino detto il Moretto dipinta tra il 1548 e il 1550.

L’iniziativa, che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso, vuole esplorare un volto ancora diverso della dea, che qui si presenta ammiccante e sprezzante nei confronti dello spettatore, mostrando ulteriormente le infinite sfumature della complessità di Venere, che ancora ai giorni nostri esercitano il loro fascino.

In Venere con Amorino al naturale, una splendida Venere coperta in parte da una veste apparentemente pudica, è adagiata all’interno di un’alcova in un palazzo signorile.

La prima attribuzione dell’opera risale al 1820, quando il dipinto è menzionato nella collezione Fenaroli di Brescia: “Quadro per traverso rappresentante una Venere con Amorino al naturale del Moretto”.

La tela è ad oggi convincentemente attribuita al Moretto e se ne riconosce la qualità sia nel contesto della pittura bresciana della metà del Cinquecento, sia della produzione dell’artista, come si può rilevare dal confronto con opere della maturità degli anni Quaranta del Cinquecento, fra cui la Sacra Famiglia con San Giovannino, datata intorno al 1540, oggi conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano.

Qui la somiglianza nel volto e nell’espressione di Maria con la Venere in oggetto, la compattezza delle morbide figure e l’annodarsi dei gesti fra i personaggi, contribuiscono ad esaltare l’espressione dolce e malinconica di Maria, Giovannino e Gesù Bambino, premonitrice del dramma sacro.

Nella Venere mantovana le analogie gestuali ed espressive, “piene di adescamenti […] in un graziosissimo gioco di chiaro e di scuro in masse non grandi ma ben temperate fra loro e contrapposte”, richiamano incredibilmente le parole di Luigi Lanzi nella Storia pittorica della Italia (1795-96) sul carattere innovativo dello stile dell’artista. “Pittore pastoso” l’aveva definito Giovanni Paolo Lomazzo, il quale nel suo Trattato dell’arte de la pittura (1584) scriveva in proposito: “il Moretto ha saputo trattare gli incarnati con morbidezza e proprietà di lume, attenti ad ottenere la giusta misura secondo potenza, che tiene più o meno la materia et il colore, che per il lume genera il riflesso, che si riceve nella sua ombra”.

La grande tela è di forte impatto visivo, grazie alla collocazione, in un primo piano molto ravvicinato, della Venere con il Cupido che occupano tutto lo spazio dell’alcova definito da due colonne, dove Venere è sdraiata con la veste in parte discinta, mentre con sguardo ammiccante e al contempo sprezzante verso lo spettatore, poggia dolcemente la mano sull’ala del Cupido, a sua volta sensualmente adorante, rivolto verso il seno nudo della madre, fonte di nutrizione e pregno di erotismo.

Il tendaggio che si apre come un sipario per mostrare la bellezza e la nudità di Venere si annoda su due colonne, in una resa piuttosto curiosa nel processo di svelamento dei dipinti, secondo l’uso del tempo di mostrarli agli spettatori o al godimento privato del committente.

La composizione sembra non del tutto occasionale o legata solo a una invenzione dell’artista, risultando invece un unicum, a parere della curatrice Claudia Cieri Via. Il dettaglio delle due colonne con le cortine annodate intorno ad entrambe ha una straordinaria affinità con l’Impresa di Carlo V, nella quale le due colonne sono avvolte da un cartiglio dove è iscritto il famoso motto dell’imperatore Plus Ultra. Adottando il motto in francese Plous Oultre, su proposta dell’umanista Luigi Marliani, il sovrano intendeva dimostrare di voler superare ogni limite possibile. L’apprezzamento di Carlo V per le Veneri di Tiziano, fra le quali si ricorda la Venere con l’organista, oggi al Prado a Madrid, commissionata al pittore cadorino nel 1548, potrebbe aver stimolato anche una committenza dell’imperatore “dei due mondi” al bresciano Moretto per una Venere di uso privato che coniugava il potere politico, emblematizzato nel suo motto Plus Ultra, con quello maschile, sollecitato dallo sguardo della dea che, all’apertura della cortina, si offriva in tutta la sua sensuale bellezza.

L’artista, di cui non è certa la data di nascita, è documentato per la prima volta nel 1514 per l’esecuzione degli affreschi perduti del monastero di Santa Croce a Brescia. La sua formazione si colloca nell’ambito della cultura artistica lombarda nel rapporto con il Romanino, anche per i contatti con l’arte veneta, conosciuta dopo un supposto soggiorno a Padova e forse nella città lagunare. La sua biografia, corredata da numerosi documenti, rivela un intenso percorso segnato sia da committenze pubbliche di rilievo, come l’incarico ricevuto il 21 marzo 1521 dalla Fabbriceria di San Giovanni Evangelista a Brescia per decorare, insieme al Romanino, la Cappella del Sacramento, sia da commissioni ufficiali e istituzionali, come l’invito di Lorenzo Lotto nel 1528 ad accettare un mandato dal Consorzio della Misericordia Maggiore di Brescia.

Il pathos delle sue opere di soggetto sacro, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, come il cosiddetto Trittico della Salvezza sulla passione di Cristo prefigurata in tre episodi dell’Antico Testamento, testimonia una partecipazione del Moretto al clima spirituale dei riformisti di parte cattolica, che informava i cenacoli a Brescia prima del Concilio di Trento. Tale coinvolgimento emotivo è evidente anche nella pala con la Strage degli Innocenti per la chiesa di San Giovanni Evangelista dei primi anni Trenta, nella quale il pathos è espresso attraverso una declinazione del classicismo di Raffaello che orienta l’incisione sul Massacro degli Innocenti di Marcantonio Raimondi. Le numerose opere del Moretto evidenziano dunque varie componenti artistiche del pittore, debitrici, oltre che al Romanino, a Lorenzo Lotto, al Savoldo, a Tiziano e al Foppa, con un certo interesse per la pittura tosco-romana ma anche fiamminga.

Negli anni Quaranta il suo impegno sui problemi dottrinari sembra esprimersi in uno stile più austero, spesso drammatico, volto ad una confutazione antiluterana, come si evidenzia nel Compianto sul Cristo morto, una pala d’altare già della Disciplina di San Giovanni a Brescia, oggi al Metropolitan Museum di New York, datata 1554. Qui, l’iscrizione sulla lapide in basso, “Factus et oboediens usque ad mortem”, tratta dalla lettera di Paolo ai Filippesi in riferimento alla ‘imitatio Christi’, si configura come una sorta di testamento spirituale dell’artista che morirà in quello stesso anno.

Con l’esposizione della Venere con Amorino al naturale di Moretto Fondazione Palazzo Te ribadisce un approccio culturale basato sulla cura della relazione con il patrimonio storico come atto di cultura contemporanea: metodologia che ha preso forma già nel 2018 con Tiziano/Gerhard Richter. Il cielo sulla terra e nel 2019 con Giulio Romano. Arte e Desiderio, di cui il programma Venere Divina. Armonia sulla terra è l’ultimo capitolo.

Il programma Venere divina. Armonia sulla terra è stato inaugurato a marzo con Il mito di Venere a Palazzo Te, proseguito in estate con l’esposizione di Venere che benda amore di Tiziano, e in autunno con la mostra Venere. Natura, ombra e bellezza, si conclude a dicembre con l’esposizione dell’opera di Moretto in prestito da una collezione privata.

Il progetto è organizzato e prodotto da Fondazione Palazzo Te e Museo Civico di Palazzo Te, promosso dal Comune di Mantova con il patrocinio del MiC, il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Banca Agricola Mantovana, il sostegno di Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani e il supporto tecnico di Glas Italia, Pilkington, iGuzzini. Il progetto espositivo è a cura di Lissoni Associati, il progetto grafico è sviluppato da Lissoni Graphx.

Nel 2022 Fondazione Palazzo Te ha in serbo un ricco programma espositivo accompagnato da eventi di approfondimento culturale e didattici dal titolo Mantova: l’arte di vivere. Il progetto sarà presentato in conferenza stampa il 25 gennaio 2022 e mette in luce le tematiche legate alla storia di Palazzo Te e ai suoi apparati decorativi, indagando lo stile di vita alla corte Gonzaga. Il programma offre la possibilità di rilanciare una riflessione su un’arte di vivere fondata sulla “meraviglia”, sul mito, sull’immateriale che si fa presente: arte del fare, “tecnica” ispirata da un pensiero che conosce l’esperienza della pace.